Stima, sicurezza, autorealizzazione… la piramide dei bisogni
Se ti dico piramide, tu a cosa pensi?
Probabilmente ti verranno in mente le piramidi dell’antico Egitto.
O magari quelle degli aztechi o dei maya.
Se sei di Roma, può darsi che ti venga spontaneo il collegamento con l’omonima fermata della metropolitana.
O forse ami Parigi e pensi alla piramide del Louvre, in vetro e metallo, che da una trentina d’anni fa da ingresso al famosissimo museo.
O ancora, i ricordi scolastici ti riportano a una figura solida nel tuo libro di geometria.
Oppure potresti conoscere la piramide alimentare, che invita la popolazione a consumare determinati alimenti in quantità maggiore rispetto ad altri.
Come vedi sono davvero tante le associazioni possibili partendo da un’unica parola, e già questo ci dovrebbe far riflettere sulle difficoltà di comunicazione che possono sorgere tra le persone a seconda dei loro riferimenti mentali e del loro vissuto…
Ma non è di questo che ti voglio parlare.
Oggi ti voglio presentare un’altra piramide, meno conosciuta al grande pubblico: la piramide dei bisogni di Maslow.
Abraham Maslow era uno psicologo americano che negli anni ’50 del Novecento propose un modello dei bisogni umani che divenne presto famoso.
La piramide di Maslow, come vedi, è divisa orizzontalmente in cinque livelli.
Alla base ci sono i bisogni essenziali alla sopravvivenza (respirare, mangiare, dormire…), mentre man mano che si sale verso il vertice si trovano quelli più immateriali, come sicurezza, affetto, rispetto, autorealizzazione e così via.
Dopo che sono state soddisfatte le necessità più basilari, l’individuo inizia ad avvertire quelle più elevate e cerca di soddisfare anche quelle.
Se ciò non accade subentrano frustrazione, insoddisfazione e senso di fallimento.
Se la osservi bene ti accorgerai che questa piramide schematizza perfettamente tutte le aree in cui si manifestano i loop.
Trascurando la base, che come abbiamo detto riguarda le funzioni fisiologiche indipensabili alla sopravvivenza (fame, sete, sonno…), tutti i loop di cui soffrono gli esseri umani si possono collocare nei quattro livelli superiori.
Prendiamo per esempio il secondo livello, quello della sicurezza.
Una persona che
- ha un lavoro precario
- è stata licenziata
- è in difficoltà economiche
- ha problemi di salute
- non si sente protetta
quasi sempre reagisce con ansia e preoccupazione a questo stato di cose.
Non se la passa meglio chi incontra delle difficoltà che riguardano il terzo livello, quello dell’appartenenza a un gruppo. Sia esso piccolo, come la coppia o la famiglia, o più vasto, come le amicizie o la comunità.
Penso a persone che hanno
- un matrimonio in crisi
- scontri con i genitori o i fratelli
- una cattiva intesa con i colleghi
- tensioni con i vicini di casa
Insomma, le mille difficoltà che riguardano la sfera relazionale, cioè i nostri rapporti con gli altri.
Lavorando con il metodo Magrin su migliaia di persone da oltre quindici anni mi sono reso conto che la stragrande maggioranza dei loop si concentra in due ambiti: relazioni e abbondanza.
Il meccanismo è semplice: se queste necessità non sono soddisfatte – e molto spesso non lo sono – scatta il malessere, cioè il loop.
Nel quarto livello troviamo i loop riguardanti il senso e l’importanza che attribuiamo a noi stessi in relazione agli altri.
Tutti sappiamo che chi
- ha una bassa autostima
- si sente insicuro
- si sente rifiutato
- non si sente rispettato
soffre molto e non sa come superare questi stati d’animo, che spesso lo accompagnano per tutta la vita.
Il quinto livello è più astratto, ma non per questo meno importante.
Riguarda la sfera dell’autorealizzazione, intesa come la possibilità di esprimere la nostra creatività e i nostri talenti nei modi che ci sono più congeniali.
Creare può significare molte cose, non necessariamente di tipo artistico.
Certo, può voler dire:
- dipingere
- suonare
- scrivere
- ricamare
ma anche:
- generare figli
- svolgere un lavoro che piace
- programmare una strategia
- realizzare un progetto
- far avverare un sogno
a seconda di ciò che di volta in volta avvertiamo come la nostra missione di vita, quello che ci fa sentire che stiamo facendo la cosa giusta nel momento giusto.
Sentirci realizzati a questo livello significa poter esprimere liberamente le nostre capacità nell’ambito (o negli ambiti) che più ci corrispondono, e dove quindi possiamo dare il meglio, a beneficio nostro e degli altri.
Anche qui, se non ci riusciamo subentra la frustrazione di non farcela e la tentazione di mollare, con il conseguente senso di fallimento che questo comporta.
Io ne so qualcosa.
Per moltissimi anni mi sentivo bloccato in una situazione personale e professionale che non mi corrispondeva, in cui non mi riconoscevo, che non sopportavo più.
Fin da piccolo avevo il sogno di eliminare definitivamente la sofferenza dal mondo, e a un certo punto mi sono accorto che non riuscivo neppure a eliminarla da me!
Ero profondamente infelice e non vedevo vie d’uscita.
Mi sentivo come un carcerato con una palla al piede: uno di quelli con la classica divisa a righe bianche e nere che si vedono nelle vignette.
Ma non era una vignetta, era la mia vita, e l’idea di andare avanti così fino alla fine dei miei giorni mi faceva impazzire.
A forza di costringermi ad accettarla sono sprofondato nella depressione.
In quell’abisso di dolore ho capito a poco a poco che non aveva senso continuare a reprimere la mia vera vocazione.
All’epoca non conoscevo ancora la piramide di Maslow, ma oggi so che ciò che mi mancava era autorealizzarmi.
In realtà avevo tutto quello che mi serviva per riuscirci, ma miei loop mi impedivano di farlo.
Una volta compreso questo, ho cominciato a guardarmi dentro e a smontare uno per uno tutti gli ostacoli, i blocchi, le convinzioni limitanti che si frapponevano tra me e il mio obiettivo, e di cui nella maggior parte dei casi non ero neppure consapevole.
Di conseguenza, se non li avessi portati alla luce e distrutti per sempre non me ne sarei mai potuto liberare, e sarei ancora oggi allo stesso punto di prima.
Invece ne sono venuto a capo una volta per tutte, e adesso la mia vita non è più la stessa.
Per farlo ho utilizzato tutte le tecniche che avevo imparato in anni di studio e di pratica, selezionando quelle che vedevo funzionare meglio e rendendole sempre più semplici ed efficaci, fino a combinarle insieme in un metodo a prova di bomba: IL METODO MAGRIN.
Questo mi ha richiesto anni di tentativi, prove, esperimenti, fallimenti, ma ne è valsa la pena, perché adesso il metodo è a disposizione di tutti, compreso te.
Per fartelo imparare da zero ho scritto un libro: Non penso dunque Sono.
Dentro ci troverai la ricetta infallibile per distruggere per sempre tutti i loop che ti impediscono di vivere la vita che desideri.
Se vuoi sapere nel dettaglio come ci sono riuscito e soprattutto come riuscirci anche tu, Non penso dunque Sono te lo insegnerà dalla A alla Z.
Ci vediamo all’interno!
Andrea Magrin
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